Non mi chiedere il perché del mio mal di Cuba. Non me lo chiedere perché non ne avrei una risposta certa. O per lo meno non saprei in che modo descrivertela. Passaggi di vuoto in una memoria che vorrei non svanisse, così tanto che sarei disposta a tornare su quell’isola nel giro di poco.
Cuba non te la spiega nemmeno un pomeriggio di pioggia affacciata sul mare. Perché tra sole e gocce non saprei scegliere il genere di emozione. Un rapimento di cuore e anima, che mai ho provato in tutti i viaggi che ho fatto.
E allora ve ne parlo come se stessi pensando a un’emozione estranea e poco conosciuta, ma così profonda che la parvenza della sua sparizione, basta essa stessa ad aggiungere malinconia.
Partiamo per Cuba dopo un anno intenso, dopo aver prenotato tirando a sorteggio tra le opzioni dettate da noi tre amiche: io, Gabriella ed Elena, compagne di vita e di crescita, legami ferrei di catene in titanio. Io premevo per Cuba, la sorte ha voluto che fossi fortunata.
A metà di Agosto saliamo su un aereo per Parigi che, dopo uno scalo di due ore, lasciamo, per atterrare, dopo circa nove ore di placido volo, nella sconosciuta Cuba.
Il viaggio aeroporto – La Habana è stato secco, un proiettile accompagnato da meraviglia e ingenuità. Quanto basta per arrivare già sognanti.
Incontriamo Ronand, amico di un caro amico, che vive a pochi chilometri dalla città e che ci mette a disposizione auto e sapienza per girare la città. Così accorto che mi fornisce anche le schede per la navigazione internet.
- A Cuba, la connessione dati mobili è disponibile solo da Gennaio e, per poter navigare, occorre avere un router disponibile e attivare una scheda con codice da grattare. La scheda dura un’ora o cinque ore e ha un costo che va da un CUC ai 5 CUC.
Lo salutiamo dandoci appuntamento per l’indomani mattina, per andare dritti nelle zone di interesse.
Di sasso crolliamo sui comodi letti dell’Hotel Inglaterra: l’albergo più antico della città, dichiarato monumento nazionale per il valore storico che ricopre.
- I turisti sono soliti alloggiare nelle cosiddette “Case particular”, abitazioni private i cui proprietari accolgono gli avventori a mo’ di Hotel, in cambio di cifre davvero irrisorie.
Abbiamo scelto un albergo e non una casa particular, perché sarebbe stata per noi più comoda la gestione e l’organizzazione con un minimo di comfort in più. E’ pur sempre la nostra vacanza (no, non sono partita per lavoro) e qualche coccola ci sta.
Detto questo, preciso che non ci si debba aspettare lusso sfrenato e servizi eccellenti. Le quattro stelle del nostro albergo, già di livello superiore rispetto ad altri, sono da paragonare alle nostre tre. Questo non per scoraggiare né tantomeno declassare: parliamo di un’isola con un quadro politico difficile, una situazione economica non molto florida e le risorse a disposizione non sono da sprecare.
E’ per questo che nei supermercati non troverete la scelta di più marchi di shampoo, o di saponette o di lacca; è per questo che spesso vi troverete a chiedere dell’acqua a bar che non ce la avranno o a non trovare qualcosa sul menù. E’ anche per questo motivo che non siamo state pretenziose. Anche quando, a causa di un temporale fortissimo, dell’acqua si è infiltrata nei corridori dell’hotel, raggiungendo, a causa della pendenza, la nostra camera.
Allagate! Avete capito bene. Ci siamo allagate! Ma un piccolo intoppo può capitare, soprattutto l’ultimo giorno, dopo aver trascorso delle giornate incredibili.
Ritorniamo quindi al punto di partenza.
L’Avana
Sveglia presto per godere del bel clima mattutino, impazienti di vivere la città.
- La stagione migliore per visitare Cuba va da Ottobre a Marzo, ma anche i periodi estivi sono ottimi, dovrete solo contare qualche ora di acquazzone pomeridiano dovuto al forte accumulo di umidità. Quindi, anticipate tutto alla mattina.
Incontriamo Ronny che subito ci porta per le vie del centro.
L’Avana Vecchia è ferma nel tempo, con le sue piazze principali, i palazzi colorati, un po’ decadenti e un po’ frantumati nell’estetica da anni che scorrono lenti ma che, inesorabilmente, logorano.
Ma il tempo non logora il sorriso dei suoi abitanti. Passeggiamo e incrociamo sorrisi e facce serene, che quasi ti sconvolgi della tua piccolezza nel lamentarti di un quotidiano così ricco.
Per le vie della città ci perdiamo, partendo dalla zona di Parc Central, dove era situato il nostro albergo, fino ad arrivare alle quattro piazze principali: Plaza de la Catedral, Plaza de Armas, Plaza Francisco de Asis e Plaza Vieja. Nella prima ci fermiamo a pranzo, mangiando un’aragosta deliziosa al ristorante El Patio.
Lei si alza. Sigaro gigante, gonna morbida, pelle arricciata dal sole forte, sorriso prepotente. Balla. Noi la guardiamo ammirati.
Nella seconda passiamo fugacemente, Ronny ci racconta un po’ la storia di questa piazza, affacciata su un bastione nato a difesa dei vecchi attacchi di pirati. Nella terza piazza ci passiamo solo per una passeggiata e nella quarta di soffermiamo molto di più. Incontriamo due signori pittoreschi che ci regalano la possibilità di fare qualche foto insieme… Risultato più che gradito!
Salutiamo Ronand perché abbiamo da divertirci: dobbiamo andare a La Bodeguita del Medio, il locale frequentato da Hemingway dove è nato il famoso Mojito.
Le ore qui passano allegre e spensierate. Una delle parti di viaggio in cui mi sono divertita di più. Buttiamo giù almeno due mojito a testa (lo so! Perdono!) e cantiamo e balliamo con l’orchestrina sempre presente nel piccolo e caratteristico locale.
Usciamo da lì davvero poco sobrie…
Andiamo in albergo per rilassarci in terrazza e ammirare la bellezza del Capitolio, che si trova proprio di fianco al nostro hotel. Lo spettacolo del tramonto sulla cupola, si apre davanti ai nostri occhi…
Ragazze, una veloce doccia e via: dobbiamo uscire a goderci l’atmosfera frizzante dell’Avana di notte! A pochi passi c’è la Floridita, altro locale storico frequentato da Hemingway, dove è nato il cocktail Daiquiri.
Delizioso è dir poco… trascorriamo una piacevole e rilassante serata e usciamo solo quando i cantanti hanno terminato l’esibizione.
Andiamo a dormire per caricarci per il giorno dopo.
“Ronny, ho bisogno di un’auto rosa su cui fare delle foto!”. Detto fatto! Rafa (di cui ne vedete qui la nuca)
ci accompagna per le vie della città, facciamo un giro sul lungomare del Malecon, godendo del panorama e arrivando poi in alcuni vicoli della città dove ci fermiamo a scattare. Che belle foto che ho potuto realizzare… Sono davvero soddisfatta di questo reportage perché è pieno di colori e di vita…
Ciao Rafa, dobbiamo andare a Plaza de la Revolucion, posto simbolico di Cuba, dove tutto è cominciato. Osservare il grande volto di Che Guevara fa un certo effetto… Non sono pronta a cotanta potenza.
Il nostro pomeriggio prosegue in albergo, dove ci cambiamo per raggiungere per la sera La Guarida.
Si tratta di un ristorante di cucina gourmet cubana, situato all’interno di un condominio privato, adornato con una scala anni 20 e la scritta FIDEL in bella vista. Salire in questo ambiente è strano… Panni stesi nell’androne, piante su un lungo balcone che affaccia sui vicoli disastrati della periferia, e poi il terrazzo e il ristorante elegante. Una bella esperienza da fare…
Terzo giorno all’Avana: libertà! Ci dedichiamo a un po’ di shopping e divertimento. Ronny (e anche Delmys, ormai siamo super amici) ci accompagnano al mercato artigianale della città (si trova alla fine di Calle Mercaderes, la via principale dello “shopping”). Qui compro alcune borse in paglia per me, mamma e sorella, alcuni souvenir da portare a casa, mentre le mie amiche contrattano prezzi come non ci fosse un domani…
Usciti da lì, andiamo a prendere un caffè in centro. Sapete che qui il caffè è davvero buono? Ma non prima di fermarci nella più antica profumeria dell’Avana, Habana 1791. Restiamo incantante dalle antiche ampolle e dalle tecniche di produzione tenute ancora segrete. Compriamo dei profumi e dei piccoli profumatori da cassetto, al melone e alla gardenia. Che essenza meravigliosa…
Dopo aver cenato in un ristorante del centro con pollo e riso (vi ricordo che non troverete eccessiva scelta di pietanze) decidiamo di trascorrere la serata al Manzana Hotel e godere di un delicato cocktail after dinner, con una vista mozzafiato sulla città…
Il giorno dopo ci aspetta Varadero!
Comincia la vera vacanza! Quella in cui “Oggi non voglio fare niente” è la frase più gettonata di sempre. Ed è stato così per circa una settimana.
Varadero
Ci accoglie un mare strepitoso nel nostro resort di Varadero.
Alloggiamo in una grande stanza del Villa Cuba Be Live Experience, un grande villaggio in cui ci sono tutti i servizi possibili: tre ristoranti (di cui due a tema giapponese e francese, da prenotare il giorno prima), una grande piscina, spiaggia privata con animazione (e che animazione ragazzi!!!) e bagnini (sempre attenti, oh sì, attentissimi! Attenti come noi a loro! Ah Ah Ah!), un ristorante sulla spiaggia aperto anche di notte, un pub attivo in piscina, negozietti di souvenir molto particolari e tiendas di rum e tabacco. Il Wi-Fi è disponibile nelle aree comuni e qui ho dovuto sacrificarmi un po’…
Perché? Per poter gestire efficacemente le pagine social dei miei clienti, dovevo mettermi una sveglia alle 5 del mattino e raggiungere le aree comuni per collegarmi a internet e lavorare negli orari più consoni in Italia. Non potevo quindi lavorare comodamente dal letto e spesso, quando tornavo di notte dalla discoteca, mi mettevo a lavorare: insomma, le tre di notte erano perfette per lavorare con orario italiano (siamo sei ore avanti).
Detto questo, le nostre giornate scorrevano lente, nel pieno del relax e del divertimento.
Io aspettavo le ragazze per andare a fare colazione e poi tutte in spiaggia.
- Al resort avevamo un All-Inclusive il che voleva dire accesso completo a qualsiasi servizio, anche il bar! Alle undici del mattino, Orlando, ci aspettava al suo chiringuito in spiaggia per poterci servire una fresca sangria… O anche un cocktail! Insomma, era o non era ora di aperitivo?
Ad ora di pranzo, dopo aver ripetuto dal mattino più e più volte: “No ragazze, oggi non si mangia” tutte dritte al buffet del ristorante in spiaggia. Ho preso due chili senza accorgermene!
Il mare? Qualcosa di meraviglioso!
Acqua trasparente e azzurra come diamante. Sabbia chiara e sottile, come camminare su nuvole polverizzate d’oro bianco. Fresca e vellutata, accarezzava la pelle senza disturbare. Un soffio di vento, quel vento che ho adorato come non mai, la portava via e mi arricciava i capelli bagnati da acqua e sale. Il sole era limpido, il cielo si anneriva solo un paio di ore al pomeriggio, poi tornava più potente di prima. La sua potenza la percepivi solo alla sera, quando la pelle calda e scura si mostrava in tutta la sua bellezza.
E in quell’acqua meravigliosa ho conosciuto delle persone stupende capeggiate da Stivi. “Voi da quanto siete qui?”, mi son sempre piaciute le persone che prendono iniziativa. Di Roma, allegri e uniti da anni, un gruppo di amici con cui abbiamo scambiato ore e ore di conversazione. Ci siamo promessi di rivederci e credo che non siano state promesse da marinaio…
Al pomeriggio godevamo di tramonti indimenticabili, scattavamo foto super (anche super sexy!)
e poi una doccia ci rinfrescava dalla giornata. A cena mangiavamo di tutto e poi si usciva.
Varadero è molto carina: c’è una strada, Calle 62, dove si balla in strada, tutti ballano in strada, ogni sera. Da lì ci spostavamo alla discoteca La Comparsita, dove ballavamo scatenate balli latini da far girare le testa.
La nostra vacanza però non è trascorsa solo così. Per due giorni abbiamo deciso di lasciare Varadero e conoscere altre parti di Cuba.
Trinidad – Cienfuegos – Santa Clara
La prima tappa è stata Trinidad.
Città dall’intatto stile coloniale, è arenata nel tempo con i suoi palazzi colorati e tanto consumati. Le strade sono di grossi ciottoli non proprio comodi, tutto gira intorno alla piazza principale, dove sono presenti vari musei. Pranziamo da Don Antonio (non un ristorante italiano) e giriamo la città per i suoi vicoli.
Ci fermiamo a bere la Canchanchara, una bevanda tipica di Trinidad a base di rum, succo di limone e miele, servita in una tazza di ceramica. La si gira con un bastoncino di legno per far affiorare la dolcezza del miele. Alcolica ma delicatissima, ne avrei bevuti almeno tre!
Altre due tappe: Cienfuegos e Santa Clara. Le giriamo in modo molto veloce, dato che becchiamo una pioggia incessante che non ci permette di godercele a pieno.
La tappa che più mi ha sconvolto in termini di divertimento è stato Cayo Blanco.
Cayo Blanco
Cuba è ricca di spiagge paradisiache, sia sulla costa che in diversi isolotti. Alcuni di questi, come Cayo Largo, Caro Santa Maria e Cayo Coco, erano troppo distanti da noi quindi abbiamo optato per Cayo Bianco. Azzeccando la scelta!
Partiamo in catamarano dal porto di Varadero.
Io? Il Catamarano? Io? Un’imbarcazione? Ma stiamo scherzando? Io soffro il mal di mare anche su un lettino gonfiabile, anche in bici, anche sul salvagente. Eppure, non ho sofferto per niente!
Salgo sul catamarano per raggiungere l’isolotto attrezzata manco dovessi andare a fare le gare olimpiche di apnea. Scendo da quel catamarano più folle di prima.
Il viaggio di un’ora è stato piacevole, distesa al sole, sorseggiando un drink, aspettando Elena e Gabry che facevano una sorta di snorkeling bizzarro e goffo (ma cosa volete fare voi? In che sport volete cimentarvi ancora?), quando all’orizzonte si scorge Cayo Blanco.
Di una bellezza indicibile.
Sabbia bianco puro, acqua di sorgente, aria fresca. Is this real or not? It’s real. Trascorriamo un’intera giornata su quest’isola paradisiaca, conosciamo Antonio e Orazio, due ragazzi di Napoli con cui pranziamo e scambiamo i contatti. Ci vediamo al rientro!
Il ritorno da Cayo Blanco è stato esplosivo! Chi mi ha seguito nelle stories di Instagram lo sa: mi sono sbizzarrita a ballare quando hanno alzato il volume della musica. Scatenarsi in mezzo al mare, vibrazioni positive, energia che sgorga veloce e piena, sorrisi grandi così, abbracci con sconosciuti, Macarena, matti, scintille e salti. Ma come te lo spiego? Bisogna viverlo…
Torniamo da Cayo Blanco, dove siamo state il penultimo giorno. L’ultimo giorno, quindi, lo dedichiamo nuovamente al relax in spiaggia. Credo di aver preso più sole in questi giorni che in tutta la mia intera vita. Peccato che l’abbronzatura dorata sia già andata quasi tutta via…
L’ultima sera è fatta di ore piccole, così piccole che rientro in albergo alle sei del mattino, giusto il tempo di lavorare un’ora, chiudere la valigia e salire sulla navetta delle nove del mattino che mi avrebbe riportato in aeroporto.
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Non ho smesso ancora di pensarci. Con i miei pensieri potrei farci tantissime cose. E invece penso a te.
Cuba, sei come guardarsi intorno aprendo gli occhi per la prima volta. Sei stupore che butta in aria la malinconia. Ti ho osservato con la faccia di pesca di un bambino immerso con le pupille nei fiocchi di neve. Così, mi sono immaginata così, con la guancia schiacciata sulla finestra, quando ti ho visto e vissuto. Sei come un sogno che non muore e, dalle tue ombre, regali luce che vive.
Ho nostalgia di te. Mannaggia, mannaggia a te, Cuba.
Le cose belle per davvero, non appassiscono.
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