Inaspettatamente Tokyo.
E chi avrebbe mai immaginato, nel giro di qualche giorno, di decidere di andare a Tokyo, dall’altra parte del mondo.
Ero ferma da un po’… L’ultimo viaggio a Parigi a Novembre e poi subissata di lavoro. Un po’ per motivi di salute, un po’ per vicissitudini, un po’ per stanchezza, un po’ perché avete presente quando capita tutto insieme? Ecco… Cominciava un po’ a starmi stretto. Viaggiare è la mia vita, guardare, scoprire, osservare, se posso prendo e vado. Così, insieme a Gianluca, ci siamo detti sì per questa nuova avventura: si va in Giappone!
Partiamo il 10 Aprile da Fiumicino, con un volo diretto di circa 12 ore operato da Alitalia. Atterriamo l’indomani mattina, l’11 Aprile, all’aeroporto di Narita, a circa tre quarti d’ora dalla stazione centrale di Tokyo. Il viaggio va benissimo… Quando non sei costretto a fare scalo, senti molto di meno la stanchezza fisica. Così, tra un film, qualche chiacchiera, anzi tante chiacchiere, un bel po’ di cibo e snack, le ore passano, e ci troviamo il giorno dopo in una delle città di popolose e civili che abbia mai visitato.
Arriviamo in mattinata ma, tra i bagagli, il treno per arrivare in centro e con il cominciare a prendere dimestichezza con la metro, trascorre qualche ora e arriviamo in albergo alle due del pomeriggio.
L’Hotel – Hyatt Centric Ginza
L’Hotel che ci ospita, lo Hyatt Centric Ginza della catena luxury Hyatt, si trova nel quartiere più lussuoso della città di Tokyo, appunto Ginza. Qui, palazzi eleganti si alternano a vetrine delle più prestigiose firme del panorama mondiale della moda, a rinomati ristoranti, uffici, gallerie d’arte, night club e localini eleganti. Un quartiere raffinato, così come raffinato è l’albergo.
Lo Hyatt Centric Ginza ci accoglie in tutta la sua linearità in un androne rivestito in bamboo, dal profumo di foresta, che tanto ci piaceva quando entravamo in ascensore. Da lì, saliamo al primo piano, dove c’è effettivamente l’accoglienza. Incontro Maiko e Mayuko, responsabili area marketing con cui ho avuto il piacere di scambiare email per questo soggiorno. Una gioia incontrarle, gentili e socievoli, scambiamo qualche chiacchiera. Ci mostrano l’albergo, così come il ristorante (dove si fa colazione), il Namiki667, super moderno e glamour, dalla cucina gourmet davvero deliziosa.
Restiamo ancora un po’ con loro fino a quando, storditi dal jet-lag, decidiamo di salire su in camera. E qui, sorpresa! La camera è strepitosa!
Affaccia, con un grande finestrone dall’ottavo piano, direttamente sulla città ed è spaziosissima. Arredata in stile minimale ma molto dettagliata, ha un bagno che è praticamente “itinerante”, nel senso che è tutto open space, tranne la doccia e la zona dei servizi, con cui ho un primo approccio alquanto simpatico. Voi conoscete i wc giapponesi giusto? Ecco… voi sì! Io non ci ho capito nulla e ho dovuto litigare un po’ con i comandi prima di capire quale significato avessero. Lasciamo stare… Meglio farsi una doccia, riposarsi esattamente venti minuti (non di più ragazzi, altrimenti dal jet-lag non vi riprendete più!), mangiare qualche fragola appena portata in camera per un dolce benvenuto e scendere alla scoperta della città.
Giorno 1 – Pomeriggio
Avevo scritto una bella guida su cosa fare, vedere, mangiare, visitare in questi giorni a Tokyo e devo dire di averla rispettata tutta. Mi piace partire con le idee chiare, per non perdere tempo e riuscire a vedere qualsiasi cosa, a parte qualche piccolo fuori programma che è sempre ben gradito. Così, il primo pomeriggio lo dedichiamo proprio a un bel giro in centro.
Andiamo nel quartiere di Shinjuku, via dello shopping, dei locali, emblema e simbolo della città di Tokyo. L’incrocio di Shinjuku è super popolato (ma non come quello di Shibuya!) e così decidiamo di scattare qualche foto qui. Camminando, con gli occhi al cielo, attirati dalle tantissime scritte giapponesi (l’inglese qui quasi non esiste) che sovrastano le strade aggettanti dai palazzi, ci imbuchiamo in un vicoletto che subito cattura la nostra attenzione: è Omoide.
Omoide è un vicolo stretto, dove sorgono ristorantini sulla strada, che servono dell’ottimo cibo giapponese (attenzione, qui non esiste il take-away! Ti siedi e mangi al bancone altrimenti nulla). Gli odori qui sono forti – credo sia l’unico posto della città dove aver sentito odore di sigaretta o di fumi della cucina – le luci sono soffuse, la notte è illuminata dalle lanterne gigantesche con scritte giapponesi, i suoni che si sentono sono voci di chi mangia, ridacchia, si diverte. Un quartiere super affascinante, che si gira in un due minuti ma che ti resta addosso.
Usciamo da Omoide perché ci è venuta una fame pazzesca. E che fai? Sei a Tokyo e la prima cosa che mangi non è il sushi? Assolutamente sì! E sushi sia! Su TripAdvisor (se vi va, seguitemi anche QUI) cerchiamo tra i ristoranti che servono il sushi migliore della città e ci imbattiamo così in Sushi No Midori. Trovarlo non è stato semplice… E’ situato all’interno di un centro commerciale a Shinjuku e, all’esterno, come al solito, non ha l’insegna in lingua latina. Ragion per cui, abbiamo dovuto chiedere ad alcuni passanti dove fosse ubicato… Lo troviamo! C’è un po’ di gente ad aspettare e così aspettiamo anche noi. Dopo poco ci fanno accomodare al lungo bancone dove un sushi-man serve i piatti da richiedere al momento. Ordiniamo un po’ di rolls al salmone, un sushi set con tonno, frittata, filetti di pesce vari e pesce spada.
Ci arriva una deliziosa zuppa di miso ad accompagnare la cena
- Il miso ha proprietà digestive e aiuta i giapponesi a rilassare lo stomaco e l’apparato digerente tutto, ed è anche buonissima
e altre polpette di pesce fritto. Quello che ho notato, non da esperta in materia, sia chiaro, è che il sushi in Giappone non ha il sapore forte che ha da noi. Non lo si intinge tutto nella salsa di soia, il riso non è per niente salato, è inoltre più compatto e solido; il pesce è più delicato, il tonno, ad esempio, un po’ più grasso e quindi meno duro e pastoso; il salmone è estremamente chiaro e la frittura della tempura è leggerissima. Insomma, molto diverso dal sushi occidentalizzato che mangiamo solitamente e per questo mi è piaciuto ancora di più.
Carichi e soddisfatti per la cena, facciamo un ultimo giro a Shinjuku, per osservare una Tokyo by night mozzafiato, da un ponte, e ammirarla con le luci artificiali della sera. Torniamo in albergo… Ora, dopo quasi un giorno e mezzo sveglia, con il cortisone che mi pulsa nelle tempie, è proprio il momento di andare a dormire.
Giorno 2
Il secondo giorno non si presenta nel migliore dei modi. Mi sveglia la mia “adorata” cefalea a grappolo… Combatto un po’ tra dolori lancinanti ed esaurimento nervoso ma alla fine vinco io. Dopo circa un’ora riesco a debellarla e così scendiamo a fare colazione al Namiki667. Mi carico di mirtilli e more (che sono vaso costrittori e dovrebbero aiutarmi con il mal di testa), qualche piccolo french toast e un tè al gelsomino. Finito di ricaricarci, saliamo in stanza a prendere l’attrezzatura fotografica e scendiamo: direzione Giardini del Palazzo Imperiale dove speriamo di beccare gli ultimi strascichi di Hanami.
Che bello, ci riusciamo! La fioritura dei ciliegi, tanto attesa nel periodo della Primavera da tutti i Giapponesi, rappresenta un momento di rinascita e di gioia ed è vissuta dal popolo nipponico con molta allegria. Riusciamo a beccarla giusto in tempo, prima che si potesse trasformare in Hazakura.
- Cos’è l’hazakura? E’ il momento successivo alla fioritura dei ciliegi, quando spuntano le prime foglioline verdi. Quando l’ho detto ai ragazzi dell’albergo, si sono stupiti di quanto fossi ferrata sulle usanze e i termini più tradizionali… Modestamente! XD
Non faccio preterizione dicendovi che è quasi impossibile descrivere la bellezza di questo momento. I giardini sono incantati da miliardi di fiori rosa e bianchi che, dalle chiome degli alberi, creano nuvole di zucchero filato, morbide e soffici. Uno spettacolo unico passeggiare sotto gli alberi in fiore. Decidiamo così di scattare qualche foto ricordo molto particolare… Ve la lascio qui!
Ci incamminiamo lungo tutti i giardini imperiali e ci viene di nuovo fame: dobbiamo assolutamente mangiare un melonpan!
- Cos’è il melonpan? E’ un dolce tipico giapponese, diffuso soprattutto a Tokyo, Kyoto e Osaka, dalla forma di un panino a scacchi, ricoperto di zucchero e dal cuore lievitato. Buonissimo! Lo troviamo in un quartiere a nord del Palazzo Imperiale di cui non ricordo il nome e qui ci perdiamo in una strada ricca di biblioteche e negozi di musica e di libri. Quanto mi sta piacendo Tokyo…
Giriamo giriamo e ci troviamo di nuovo a Ginza. E’ la sera del ramen! E proprio in questo quartiere c’è Ippudo, un ristorante che serve questo piatto, molto famoso in città. Ci rechiamo in questo ristorane, mettendoci in fila per entrare. Nel frattempo ci danno il menù da cui si può già scegliere cosa mangiare e abbattere così i tempi di attesa all’interno. Scelgo i gyoza, ravioli di carne cotti al vapore e poi ripassati sulla piastra, e un classico ramen.
Ragazzi, io non lo avevo mai mangiato e, sarà che a me piace mangiare tutto, soprattutto la cucina straniera quando sono in un altro Paese, ma a me è piaciuto da morire. Certo, non è un piatto semplice né tanto meno leggero (il brodo è ricco di grassi della carne, c’è un uovo intero, due alghe nori, spaghetti di soia e un roll di gamberi) ma come comfort food dopo una giornata in giro a camminare e macinare chilometri su chilometri, ci sta tutto.
Ora basta.. andiamo a nanna! Domani ci aspetta il treno per Kyoto…
Vi lascio QUI il link all’articolo sul viaggio a Kyoto, dove abbiamo trascorso il giorno 3 e il giorno 4 di questo meraviglioso viaggio in Giappone.
Giorno 5
Come vi dicevo, il viaggio in Giappone è stato tra due città: Tokyo e Kyoto e i giorni tre e quattro li abbiamo trascorsi proprio in questa ultima città.
Il quinto giorno torniamo alla base, a Tokyo, sempre nel nostro albergo strepitoso che ci accoglie nuovamente con grande calore.
L’intenzione era quella di andare ad ammirare il Monte Fuji da una terrazza panoramica che avevo individuato da uno scatto su Instagram. Il problema è che in quello scatto non c’era geotag. Così, per curiosità, chiedo a Maiko quale fosse questo punto panoramico, mostrandole la foto. All’inizio non ha saputo rispondermi ma poi, con mia grande sorpresa, mi gira una mail: si era confrontata con Mayuko ed entrambe avevano individuato il posto della foto: era la Pagoda di Chureito in Kawaguchiko. Che dolci e che pensiero carino.
- Ed ecco la mia digressione: il popolo giapponese è estremamente disponibile verso gli altri, sia che tu conosca o che non li conosca, sono sempre pronti ad aiutarti. Questo è il caso delle responsabili marketing dell’Hotel, ma mi è capitato spessissimo di essere accompagnata da un estraneo alla fermata giusta della metro, solo perché ha notato una difficoltà nel trovarla; un’altra sera, dopo aver chiesto dove fosse un ristorante, un ragazzo ci ha accompagnati diretti alla porta; non vi dico la disponibilità del personale delle stazioni, la grande civiltà ed educazione che traspare in ogni singolo gesto. Incorciare bambini piccoli che vanno da soli a scuola, aiutati da anziani che fermano le auto per attraversare, è molto ricorrente. Qui, il rispetto del prossimo, il senso di comunità e di appartenenza a un popolo, il senso del bene comune, sono priorità assoluta. Questo ha generato in me una profonda ammirazione e ispirazione nei confronti di questo popolo da cui, in questi termini, abbiamo tantissimo da imparare.
Dopo questa digressione, torno a parlare della nostra gita al Monte Fuji. Gita si fa per dire: la pagoda dista davvero troppo (circa 4 ore di macchina) da Tokyo e arrivarci in giornata sarebbe impossibile. Dobbiamo rinunciare alla nostra vista e così ci rechiamo nel quartiere di Asakusa.
Ad Asakusa, un quartiere molto carino e caratteristico, c’è il tempio buddhista Senso-ji, nei cui pressi sorge il santuario, appunto, di Asakusa. Si tratta del tempio più antico della città, risalente al 645, mentre l’entrata principale è stata eretta nel 1727. L’ingresso imponente del tempio è contrassegnato dalla celebre Kaminarimon, una gigantesca lanterna di carta rossa e bianca, dipinta con caratteri giapponesi neri. Eccola qui…
Svetta sulle teste di turisti e di devoti e ad essa ci si arriva dopo aver percorso il Nakamise-dori, una stradina costellata di negozietti che vendono oggetti tipici, prodotti culinari giapponesi e souvenir. Qui il turismo è fortissimo anche grazie al festival di 4 giorni che si tiene una volta all’anno e che raduna così tante persone da dover chiudere le strade al traffico di auto. Qui, dopo aver visitato il tempio e la sua grande pagoda, approfitto per fare qualche regalino…
Ormai si è fatta ora di pranzo e così, consultando la mia guida culinaria, ci imbattiamo nel tonkatsu. Dobbiamo assaggiarlo! Troviamolo!
- Ma cos’è il tonkatsu? Non è altro che una cotoletta di maiale, impanata e fritta, molto simile alla nostrana cotoletta milanese, che viene servita con del riso giallo e, se si vuole curry speziato. Troviamo un postaccio proprio ad Asakusa e ordiniamo. Ordiniamo al distributore però! Eh sì… qui funziona così! In alcuni localini super low-cost, l’ordine avviene all’esterno, si paga dopo aver selezionato il piatto desiderato, si entra e si attende. Detto fatto. Il cameriere ci porta un piatto gigante di tonkatsu: io mangio quasi tutto, Gianluca il curry con l’aglio lo salta… Ma come si fa???
Sazi e rilassati facciamo la seconda tappa del giorno: il quartiere Manga.
Devo ammettere che mi sarei aspettata qualcosa di molto più folle. Insomma, non sono una appassionata di manga, cartoni animati, videogiochi (non ho mai giocato alla Play Station, così per dire!) o fumetti e non mi ero nemmeno più di tanto informata su questo quartiere. Sapevo che avremmo incontrato personaggi vestiti da manga o agghindati da anime, ma nulla di fatto. Leggenda metropolitana. Quello che caratterizza questo quartiere, che non mi ha entusiasmato più di tanto, sono le centinaia di sale giochi dove ragazzini (ma anche adulti) trascorrono il tempo a giocare. Li vedi lì, completamente assorbiti dagli schermi, incuranti della tua presenza, quasi alienati dal resto del mondo, immersi in giochi virtuali dal dubbio gusto. Insomma, a parte qualche pesca al pupazzo, non mi è piaciuto tantissimo… Ma era una tappa da fare!
Un po’ stanchi dal vento freddo (avevamo raggiunto a piedi il quartiere e dopo un po’, avendo una gonna senza calze, ho accusato un po’ di irritazione alla pelle sulle ginocchia) decidiamo di andare a cena… E’ la volta degli udon.
- Gli udon sono una pasta tipica giapponese, preparata con farina di grano tenero, che può essere servita in brodo, con vari contorni, fredda o calda ed è di varie dimensioni: può essere a vermicello oppure a lasagnone.
Avevo inserito nella guida un posto davvero figo, nel quartiere Ginza, quindi vicino all’albergo e così ci andiamo… Il ristorante si chiama Hanayama Udon Ginza e lo trovate anche su Instagram (a proposito, ma il mio video nelle stories in cui cerco di mangiarli? Andate a vederlo qui, nelle stories in evidenza e poi parliamone…), è molto elegante e serve due tipologie di piatti con udon. Entrambi serviti con tempura, ma la differenza sta nel piatto principale: udon in brodo o udon serviti freddi, da intingere nella salsa di soia e di arachidi. Optiamo per la seconda… Deliziosi! Mi son pentita di non aver acquistato le confezioni di udon preparati dal ristorante stesso, da poter poi cucinare a casa… Vabbè, ci ritornerò!
Torniamo in albergo e trascorriamo qui la serata, con un calice di vino e un drink leggero per me (non posso bere alcolici…). C’è una bella atmosfera rilassata e glamour…
Andiamo a nanna…
Giorno 6
Il sesto giorno si apre con una colazione in camera super ricca: oggi si fa shopping! Non possiamo andar via da Tokyo senza aver comprato qualcosa per noi…
Devo ammettere che a Kyoto mi sono sbizzarrita: tra borse, agende e cosmetici, ho preso tante cose carine. Tuttavia, non essendo ancora soddisfatta, una giornata di shopping, alla scoperta anche di altri quartieri, era d’obbligo.
Prima tappa della giornata, il quartere Shibuya.
Oltre ad essere una zona estremamente centrale, amata da giovani che qui trascorrono il tempo tra negozi di abbigliamento, elettronica e caffetterie, è anche il quartiere dell’incrocio più famoso del mondo.
- L’incrocio di Shibuya è attraversato, simultaneamente, da circa 3000 persone e, trovarsi in mezzo alla folla oppure osservare il fiume di gente dall’alto di uno dei bar laterali all’incrocio, è un’esperienza da fare. Li vedi lì, tutti che attraversano la strada al momento del semaforo verde e si incrociano in una fiumana senza fine che sparisce appena scatta il rosso. Assurdo!
Qui si trova anche la statua del celebre cane Hachiko, anche se non quella originale, andata perduta durante la seconda guerra mondiale.
Giriamo nel quartiere, non compriamo nulla, chissà perché ma non siamo stati attirati da qualcosa in particolare. Cosa che invece è avvenuta qualche minuto dopo, quando abbiamo raggiunto il quartiere vintage di Shimokitazawa.
- Ci sono diversi quartieri dedicati al settore vintage a Tokyo, come Koenji (più punk anni ’70, per gli amanti della pelle, della musica e dei vinili) o Jiyugaoka, piccolo e caratteristico, ricco di boutique di un certo livello, ma quello che ci ha ispirato di più è stato Shimokitazawa. E ci abbiamo azzeccato!
Il quartiere è relativamente piccolo, si tratta in effetti di una strada costeggiata da negozi di abbigliamento, sia vintage che simil vintage, dove si dettano le leggi della moda e dello streetstyle giapponese. Qui vengono a comprare i ragazzi e le ragazze più attenti alle ultime tendenze e non è un caso che abbia fatto incetta di alcuni capi davvero fighi. Ho comprato un abito, un paio di pantaloni in lino, degli orecchini e una borsa.
Siamo poi entrati in uno dei negozi più belli che abbia mai visitato: Darwin Room. Si trova a un incrocio facilmente riconoscibile: è un negozio, anche sala da té, che vende reperti, fossili, agende dipinte a mano, cartine geografiche antiche, oggetti strani, libri, riviste, rubriche, binocoli, talismani… Un posto fuori dal mondo reale, sembra davvero di essere in una piccola giungla curata in ogni dettaglio. Qui, imbalsamati, ci sono anche uccelli e una zebra (quella credo fosse finta, mi sa!). Gianluca compra di tutto, io zero, sono una material girl molto più frivola, ma sono stata catturata dal fascino di questo posto… Dovete passarci!
Nel pomeriggio, abbiamo un’altra tappa obbligata: il MORI Building Digital Art Museum: Teamlab Borderless, aperto lo scorso Giugno sull’isola artificiale di Odaiba, già sede del Museo delle Scienze e Tecnologie emergenti. Perché andare a visitare questa mostra? Perché è futurismo e realtà virtuale allo stato puro. Per arrivarci ci vuole un po’… Noi abbiamo impiegato un’oretta in metro (dove abbiamo scattato delle foto davvero particolari) quindi armatevi di pazienza e soprattutto anticipatevi: la mostra chiude ogni giorno alle 19.00.
La cena del penultimo giorno si svolge così: cerchiamo disperatamente dei bento
- set di sushi e prodotti tipici giapponesi che gli abitanti del luogo usano portare con sé durante i viaggi in treno o per pranzi all’aria aperta o in ufficio
da portare in camera. Ci perdiamo letteralmente nella stazione di Tokyo: ci credete che non siamo più riusciti a trovare l’entrata da cui avevamo avuto accesso all’inizio della ricerca? Cerchiamo cerchiamo ma nulla… Di bento nemmeno l’ombra! Troviamo solo Pablo, che non è un ragazzo ma una bakery che realizza ottime cheescake. Facciamo incetta di monoporzioni: una classica, una al matcha, una alla fragola e una al cioccolato. Addio!
Tuttavia, scoraggiata e affamata dal non aver trovato i bento, torniamo verso l’albergo ed entriamo in un supermercato dove acquistiamo praticamente ogni cosa commestibile.
Sushi da asporto misto a nigiri al salmone, un tonkatsu con riso, rolls di ogni specie, una bottiglina intera di salsa di soia e poi riso, riso, riso… Tutto in camera!
Una sorta di pic-nic incivile e un po’ ignorante… Ah che belle le serate così!
GIORNO 7
Dobbiamo andare via nel pomeriggio… Così non organizziamo nulla di importante. Abbiamo visto praticamente tutto quanto avevo prefissato, quindi decidiamo di girare la città alla cieca. Ci ritroviamo di nuovo a Shibuya, mangiamo dei takoyaki (polpette fritte con ripieno di polpo grigliato) al volo, entriamo in qualche negozietto per gli ultimi acquisti, compro un Vogue Japan per unirlo alla mia collezione e torniamo in albergo…
Un volo di 12 ore ci aspetta per tornare a Roma e poi, di nuovo, Napoli.
Ho il cuore colmo di felicità, la mente piena di ispirazione, entusiasmo, insegnamento, l’animo in crescita.
Tokyo e il popolo giapponese mi son piaciuti tantissimo. Ho tanto da scrivere. L’ho appena scritto. Un diario di bordo intenso e sentito. Così come ho vissuto questo viaggio.
Spero di vi sia piaciuto.
In basso trovate qualche altra foto e, se vi va, la sezione TRAVEL con più di 30 mete in giro per il mondo
Monzisusi
Maggio 6, 2019Brava Mary!! Tokyo descritta da te sembra che sia veramente interessante e particolare! L’hai descritta benissimo con il tuo modo semplice ma particolareggiato che ti contraddistingue. Fai venire veramente la voglia di andarci! Tu sei bella e radiosa come sempre nonostante il maledetto mal di testa 🤕 poverina! Un forte abbraccio! 👋❤️
Chiara
Giugno 6, 2019quante belle foto!